Le metamorfosi della sostenibilità

Paul Villinski, Butterfly Machine.

Qual è lo scopo del profit? Il guadagno. Qual è lo scopo del non profit? La missione. Il denaro è lo strumento comune, anche se viene utilizzato e distribuito in modi diversi. Di recente questi due mondi stanno cercando di contaminarsi di più, e meglio. Stanno trovando punti d’incontro a metà strada (low profit, benefit corporation), si stanno, anche se con prudenza, avvicinando.

“Avvicinamento non vuol dire riduzione o ironia: siamo in un universo in cui le forme riempiono fittamente lo spazio scambiandosi continuamente qualità e dimensioni, e il fluire del tempo è riempito da un proliferare di racconti e di cicli di racconti”.

Prendendo a prestito queste parole di Italo Calvino su Le Metamorfosi di Ovidio, possiamo spingerci oltre e dire che i confini tra profit e non profit sono indistinti, che gli strumenti che usano possono essere intercambiabili. Per questo abbiamo voluto fare un esperimento: costruire una Balanced Score Card su misura per lettera27, uno strumento da testare su di noi per poterlo poi testare su altri e condividerne il risultato.

Ma cos’è una BSC? Questo ce lo dice Wikipedia:

La scheda di valutazione bilanciata (in inglese balanced scorecard, spesso citata con la sigla BSC) è uno strumento di supporto nella gestione strategica dell’impresa che permette di tradurre la missione e la strategia dell’impresa in un insieme coerente di misure di performance, facilitandone la misurabilità. Più nel dettaglio, la BSC è uno strumento di sorveglianza strategica ideato negli anni ’90 da Norton e Kaplan, e si pone l’obiettivo di rimediare ai limiti dei modelli di monitoraggio tradizionale, così come di tradurre le strategie competitive in indicatori di performance (scorecard) assicurando l’equilibrio (balance) tra le prestazioni di breve termine, misurate attraverso parametri di natura finanziaria, e quei fattori non finanziari che dovrebbero condurre l’impresa a prestazioni competitive superiori e sostenibili nel tempo.

Sostenibilità è la nostra parola chiave. Cultura sostenibile. Esiste? Beh, dovrebbe. Autosostenibile sembra ancora improbabile ma sostenibile è auspicabile. E dato che fare le cose da soli non è mai né particolarmente gratificante né efficace, ci siamo alleati con altre realtà, che conoscono e indagano i diversi strumenti: Kwantis, società specializzata in risk management e performance optimization; Doppiozero, magazine culturale online; CheFare, una piattaforma che premia l’impatto sociale di imprese e progetti culturali (profit e non profit).

Fondazione Cariplo, ancora una volta, ha permesso di co-finanziare tutto l’esperimento proprio attraverso un bando dedicato alla “Cultura sostenibile” a cui lettera27 ha partecipato, con i suoi partner, con successo.

Oggi, ad un anno e mezzo dalla nostra partenza, siamo in grado di pubblicare le prime linee guida di comunicazione, fundraising e social networking/media partnership e condividerle con tutti coloro che hanno a cuore il tema e combattono tutti i giorni in prima linea – ma ancora nel backstage del sistema economico – per sostenere la cultura, il sistema culturale, le sue declinazioni etiche e sinestetiche.
Le linee guida rappresentano il primo passo di un ampio processo empirico. Il primo di una serie di racconti che scriveremo assieme ai nostri partner.

Avete letto bene: un anno e mezzo per pubblicare delle linee guida. Non sono certo i tempi del profit, penserà qualcuno – a ragione aggiungo io – ma la cultura non si misura in etti, metri, decibel o altri sistemi di misurazione istantanei. Si misura in tempo. Tempo di sedimentazione della conoscenza, di elaborazione dei saperi, di interiorizzazione dei valori…La cultura è eterocronica ed eterotopica…, evocando Simon Njami che ci ricorda un principio di Foucault: “che in seno ad un’eterotopia fa coesistere una eterocronia, cioè una rottura con il tempo reale introducendo uno spazio-tempo multiplo”.

La cultura è il ponte. E in effetti un ponte dovrebbe “sostenere” ed essere “sostenuto”. Deve essere solido, soprattutto. Avere fondamenta indistruttibili, come le radici di una quercia centenaria.
Sustain-Ability – questo il nome che abbiamo dato al progetto – va in questa direzione: incentivare un modello organizzativo solido ma snello e flessibile, migliorare l’ “abilità” di gestione delle risorse, fornire strumenti utili e facili da utilizzare per raggiungere lo scopo.

Tutto in fase sperimentale: contiamo di allargare la rete degli operatori culturali per verificare assieme se e quanto questo approccio possa funzionare. Come si dice, “tentar non nuoce”.
E noi ci stiamo provando con convinzione.

Tania Gianesin, direttore esecutivo di lettera27

Immagine: Paul Villinski, Butterfly Machine

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