Io sto con la sposa, e tu?

Io sto con con la sposa, 2014. Photo by Marco Garofalo.

Scoprilo e diventa anche tu produttore del primo documentario come atto di disobbedienza civile. Partecipa alla campagna di crowdfunding suIndiegogo.

Un locale affollato, una tromba, c’è musica. Persone in abito buono che chiacchierano, seguono il ritmo con le mani. Molti mangiano, altri brindano. Si fa festa ma non sappiamo per cosa. Spunta una bella ragazza, è vestita di bianco. Ecco, allora è un matrimonio quello che stanno festeggiando. Cerchiamo tra i visi maschili, chi sarà lo sposo? Lo sguardo torna più volte su un ragazzino, pian piano diventa lui il protagonista della scena. Tutti i presenti iniziano a battere le mani all’unisono, lo incitano, lo chiamano: Manar. Lui sorride, forse un po’ s’imbarazza ma appena prende il microfono la punta di timidezza si scioglie. In arabo inizia a rappare:

“Lasciatemi cantare, ho il cuore che scoppia. Le parole arriveranno e un microfono non basterà. Non mi fermerò, nemmeno una parola lascerò. Indietro non ci torno, io voglio andare avanti! Fanculo alla società, siete con me o contro di me?”

Sembra l’inizio di un bel film in cui un personaggio che è poco più di un bambino con lucida chiarezza parla dritto allo spettatore, cantando se stesso ci chiama in causa. In parte è così perché le parole di Manar riassumono molto del senso di quello che stiamo vedendo: urgenza di dire e fare, iniziare un percorso dal quale non si vuole e non si può tornare indietro. E poi una scelta senza mediazioni: Con chi stai? Con me o contro di me!

La scena è uno dei primi estratti di Io sto con la sposa, un progetto che è insieme documentario, farsa giocosa e autodenuncia di un atto di disobbedienza civile. Io sto con la sposa racconta un viaggio vero, fatto da un gruppo di persone tra il 14 e il 18 novembre 2013 attraverso 30.000 km, e di una finzione che nasce a sua volta da una domanda: “Quale poliziotto di frontiera fermerebbe mai un corteo di nozze per chiedere i documenti alla sposa?”. Infatti, tutti i protagonisti del documentario hanno attraversato l’Europa inscenando un corteo nuziale perché tra loro c’erano Manar che ha 11 anni e vuole diventare rapper e poi Abdallah, Alaa, Mona, Ahmed e Tasnim: cinque profughi siriani in fuga dalla guerra, arrivati a Lampedusa e diretti in Svezia per chiedere asilo politico. Con loro 19 compagni di avventura, tra i quali gli autori del film – il regista Gabriele Del Grande, il poeta e grafico Khaled Soliman Al Nassiry e il regista Antonio Augugliaro – che hanno deciso di rischiare 15 anni di reclusione con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aiutarli ad attraversare i confini. E poi le tante persone che nel viaggio li hanno ospitati, accolti e supportati. Tutti insieme hanno scelto di compiere un atto illegale reso legittimo dalle norme internazionali che vogliono l’Europa una fortezza, che rendono alcune persone ‘illegali’, impedendo loro di spostarsi, anche quando sono in fuga da una guerra, anche quando questa guerra è dietro casa, come quella in Siria. Le stesse leggi che chiudendo le frontiere hanno fatto del Mediterraneo un’immensa fossa comune, come racconta da anni Gabriele Del Grande sulle pagine di Fortress Europe.

Realizzato il sogno delle cinque persone dirette in Svezia, gli autori si sono posti un’altra meta: quella di rientrare nei costi di autoproduzione, terminare il montaggio e presentare il film alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. Questa volta il corteo si mette insieme e avanza in rete attraverso la campagna di crowdfunding più imponente della storia del documentario italiano e che ha dato vita ad un fenomeno incredibile, che solo un po’ di numeri possono fotografare: oltre 1,200 donazioni; il 52% del contributo richiesto già raggiunto; oltre 9.700 utenti sulla pagina principale di Facebook e circa 2600 condivisioni; 25.000 visualizzazioni deltrailer su YouTube.

A questi si aggiungono altre centinaia di persone che stanno seguendo il progetto sulle pagine in inglese e arabo e il tam tam mediatico creato grazie alle decine di redazioni che in Italia e all’estero hanno dato spazio a Io sto con la sposa, tra i quali: la tv franco-tedesca Arte, Repubblica,Vita, Rai News 24, Zaman Al Wasl, Raseef 22, Unimondo, Huffington Post e molti altri ancora. Tanti anche gli approfondimenti e gli speciali. Come le uscite su Doppiozero, che ha pubblicato la prima parte di un diario settimanale scritto da Valeria Verdolini, sociologa del diritto e attivista che ha fatto parte della carovana nuziale, grazie alla quale entriamo in presa diretta nel dietro le quinte. In questo primo capitolo, la conoscenza del gruppo, le paure iniziali e l’improvvisa certezza del ‘volerci stare’ dopo l’incontro con Manar. Anche Redattore Sociale, dopo un primo pezzo di lancio della campagna, dedica un articolo al più giovane protagonista del documentario e alla sua storia e, qualche giorno dopo, una lettera scritta da Marta Bellingreri, mediatrice culturale che lavora con minori migranti, anche lei ‘complice’ volontaria del viaggio. Anche Internazionalesta seguendo passo dopo passo gli sviluppi di Io sto con la sposa e i suoi retroscena, attraverso un articolo e un album fotografico con il making-of delle riprese.

Infine Core Online, che ha intervistato Gabriele Del Grande per parlare del perché documentare questa impresa in un film che è sì atto politico di autodenuncia ma anche capovolgimento dell’immaginario, perché racconta attraverso una festa un’altra Europa, quella che vuole accogliere e vuole mostrare alla politica internazionale che è possibile pensare soluzioni diverse. Basta saperle immaginare. “Per un gruppo di ventitré persone non è facile trovare un posto dove dormire e dove mangiare.” – racconta Del Grande – “Durante le quattro notti in cui siamo stati fuori abbiamo trovato gente ben disposta ad accoglierci in ogni città, gente curiosa di sentire le nostre storie e di partecipare a questo progetto un po’ folle, un po’ ribelle e sovversivo.”

Il viaggio della sposa è arrivato fin qui. Si tratta di una piccola, grande parte del suo tragitto che è ancora in corso grazie a persone che alla domanda di Manar stanno facendo una scelta in prima persona, stanno scegliendo da che parte stare, diventando produttori dal basso e donando.lettera27 e l’Archivio delle Memorie Migranti stanno con la sposa, e voi?

Immagine: Io sto con con la sposa, 2014. Foto di Marco Garofalo.

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